IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Sezione autonoma di Bolzano ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 86 del 2018, proposto da: Autorita' garante della concorrenza e del mercato, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Trento, domiciliata ex lege in Trento, Largo Porta Nuova, n. 9; contro Provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Renate von Guggenberg, Stephan Beikircher, Laura Fadanelli, e Fabrizio Cavallar, con domicilio eletto presso l'Avvocatura della Provincia, in Bolzano, piazza Silvius Magnago, n. 1; nei confronti Funivie Ghiacciai Val Senales S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Munari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Norbert Griesser, in Bolzano, vicolo Parrocchia n. 3; per l'annullamento del decreto assessorile n. 15713 del 30 agosto 2017 della Provincia autonoma di Bolzano, adottato dall'assessore provinciale alla mobilita', avente ad oggetto «Rinnovo della concessione per la linea di trasporto funiviario in servizio pubblico M 204 p "Gletschersee II", sita nel Comune di Senales, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige n. 48 del 28 novembre 2017, e di ogni altro presupposto, connesso e consequenziale, ancorche' non conosciuto. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Bolzano e della societa' Funivie Ghiacciai Val Senales S.p.A; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2018 la consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premesso in fatto Con nota trasmessa all'Autorita' garante della concorrenza e del mercato in data 30 giugno 2017 la societa' Elpis S.r.l. segnalava di trovarsi «nella pratica impossibilita' di partecipare alle gare previste dalla normativa a tutela della concorrenza, perche' le stesse, dato il sistema vigente sul territorio della Provincia autonoma di Bolzano, non vengono bandite, ma sostituite da un sistema opaco di rinnovi concertati con le societa' attualmente concessionate» (doc. 1 della ricorrente). Successivamente, in data 7 dicembre 2017 la medesima societa' segnalante trasmetteva, a integrazione, copia dei decreti di modifica e rinnovo delle concessioni, tutti pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 48 del 28 novembre 2017, tra cui l'impugnato decreto n. 15713 del 2017, con il quale e' stata rinnovata all'odierna controinteressata Funivie Ghiacciai Senales S.p.A la concessione per la linea di trasporto funiviario in servizio pubblico denominata M 204 p «Gletschersee II» (seggiovia triposto), assegnata alla seconda categoria e, quindi di pubblica utilita' ai sensi dell'art. 21 della legge provinciale 30 gennaio 2006, n. 1, per la durata di 11 anni a decorrere dalla data di adozione dello stesso decreto (30 agosto 2017). Il decreto impegna il concessionario a osservare, oltre alle disposizioni di legge e regolamentari che disciplinano la costruzione e l'esercizio degli impianti a fune, anche tutte le prescrizioni riportate nel disciplinare-tipo, approvato dal direttore della Ripartizione provinciale Mobilita' con decreto n. 435/38.3. del 9 ottobre 2012, pubblicato sul BUR n. 46/I-II del 13 novembre 2012 (doc.ti 2 della ricorrente e 33 della Provincia). A seguito dell'istruttoria esperita l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato (di seguito solo Autorita') riteneva di dover esercitare i poteri di cui all'art. 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287, deliberando nella riunione del 25 gennaio 2018 di esprimere il proprio parere motivato prot. n. S2962B riferito al decreto impugnato n. 15713 del 2017, rilevando che esso «potrebbe risultare restrittivo della concorrenza nella misura in cui dispone il rinnovo della concessione senza l'espletamento di alcun tipo di confronto concorrenziale» (doc. n. 4 della ricorrente). La Provincia autonoma di Bolzano (di seguito solo Provincia) presentava le proprie osservazioni con nota del 26 marzo 2018, sostenendo che gli «impianti a fune con servizio sciistico» di cui all'art. 2, comma 2, lettera b), della legge provinciale 23 novembre 2010, n. 4 e gli «impianti a fune in servizio pubblico ad uso sportivo o turistico-ricreativo» di cui all'art. 30-bis della legge provinciale 30 gennaio 2006, n. 1 corrisponderebbero nella sostanza agli «impianti di trasporto a fune per la mobilita' turistico-sportiva esercitati in aree montane» di cui all'art. 4, comma 7, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, i quali non costituirebbero oggetto di un servizio pubblico generale per effetto del combinato disposto degli articoli 26, comma 12-quater e 20, comma 2, lettera e), dello stesso decreto. Pur non svolgendo un servizio di trasporto pubblico di interesse economico generale (cfr. Comunicazione della Commissione europea indirizzata agli Stati membri in merito agli aiuti di Stato n. 376/01, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea n. C/172/2 del 18 luglio 2002), gli impianti destinati ad attivita' sportive in stazioni turistiche rivestirebbero nondimeno un ruolo importante per lo sviluppo dell'economia delle aree di montagne. Gli impianti sarebbero di proprieta' privata dei relativi gestori (societa' private o imprenditori individuali) e anche le aree su cui insisterebbero gli impianti sarebbero, in via generale, di proprieta' privata, tranne l'impianto sub iudice, insistente su terreni appartenenti al patrimonio indisponibile della Provincia autonoma di Bolzano. Il provvedimento di concessione di cui alla legge provinciale n. 1 del 2006 non sarebbe un contratto di concessione e neppure un provvedimento di concessione con il quale la suddetta Provincia affida a terzi un bene pubblico, bensi' un provvedimento con il quale il privato richiedente verrebbe abilitato alla costruzione e all'esercizio dell'impianto a fune destinato al pubblico esercizio. Inoltre, la Provincia non avrebbe mai assunto tra i propri compiti quello di programmare, realizzare e gestire gli impianti a fune «in servizio pubblico ad uso sportivo o turistico-ricreativo», ne' avrebbe fissato un numero chiuso di provvedimenti abilitativi per la costruzione e l'esercizio di questo tipo di impianti. La Provincia, con quel provvedimento, non avrebbe affidato al richiedente alcun proprio compito, non avrebbe trasferito a terzi alcun rischio, ne' richiesto un compenso. Tali provvedimenti avrebbero in altre parole una funzione autorizzativa o permissiva, alla stessa stregua del provvedimento di «concessione edilizia», tuttora previsto nell'ordinamento provinciale. Ne' avrebbe rilievo la circostanza che l'abilitazione sia subordinata al rispetto da parte del richiedente delle condizioni e prescrizioni stabilite in via generale dalla stessa Provincia nel «disciplinare tipo degli obblighi del concessionario di una linea di trasporto funiviario in esercizio pubblico», approvato con decreto direttoriale n. 425 del 9 ottobre 2012 (pubblicato nel BUR n. 46 del 12 novembre 2012) e nel «regolamento di esercizio» di cui agli articoli 26 della legge provinciale n. 1 del 2006 e 21 del D.P.P. 13 novembre 2006, n. 61, trattandosi di prescrizioni concernenti per lo piu' la sicurezza degli utenti. L'apposizione al provvedimento di concessione di un termine di durata sarebbe giustificata dal fatto che gli impianti devono essere sottoposti a revisioni periodiche, di varia intensita', a seconda della tipologia dell'impianto. In conclusione, secondo la Provincia, «l'esercizio di impianti a fune di seconda e terza categoria, ad uso sportivo o turistico, nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano non e' soggetto ad obblighi di evidenza pubblica» (doc. 5 della ricorrente). L'Autorita' ricorrente, esaminate le dette osservazioni nell'adunanza del 18 aprile 2018 e ritenuto, alla luce delle stesse, che la Provincia non si fosse adeguata al parere inviatole il 26 gennaio 2018 entro i 60 giorni previsti dall'art. 21-bis, comma 2, della legge n. 287 del 1990, deliberava di proporre ai sensi della medesima disposizione il presente ricorso, volto a ottenere l'annullamento dell'impugnato decreto n. 15713 del 30 agosto 2017. A fondamento del ricorso e' stato dedotto il seguente articolato motivo: «Violazione dei principi di trasparenza, parita' di trattamento, non discriminazione, libera concorrenza: violazione degli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE; art. 18 della direttiva 2014/24/UE e articoli 18, 30, 164 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016). Violazione della liberta' di stabilimento e libera prestazione di servizi: articoli 49 e 56 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Violazione dell'art. 3 L.P. Bolzano n. 1/2006 (Disciplina degli impianti a fune e prescrizioni per gli ostacoli alla navigazione aerea)». La ricorrente ritiene che la Provincia, rinnovando per ben 11 anni la concessione dell'impianto funiviario «Gletschersee II» nel Comune di Senales alla societa' controinteressata abbia violato i principi comunitari e nazionali posti a tutela della concorrenza. Strumentali all'attuazione del principio di concorrenza tra gli operatori economici sarebbero anche i principi di trasparenza, parita' di trattamento e non discriminazione, che sarebbero alla base della disciplina sulle concessioni, richiamati dagli articoli 3, 30, comma 2, e 41 della direttiva 2014/23/UE e anche dalla direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici. Gli stessi principi di derivazione comunitaria sarebbero richiamati nel nuovo Codice dei contratti pubblici (articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50). Contrariamente a quanto affermato dalla Provincia nelle proprie osservazioni, l'esercizio dell'impianto a fune in oggetto sarebbe qualificabile come «servizio pubblico». Lo stesso legislatore provinciale avrebbe distinto le linee funiviarie destinate all'erogazione di un servizio pubblico, da quelle meramente finalizzate a un utilizzo privato (art. 1, comma 1 della L.P. n. 1 del 2006: «La presente legge disciplina gli impianti a fune in servizio pubblico e privato»; art. 3, comma 1: «Tutte le linee funiviarie sono impianti in servizio pubblico»). Le tre categorie di linee funiviarie indicate nell'art. 4 della stessa legge rientrerebbero nel piu' ampio genus delle linee funiviarie in servizio pubblico; in tal senso deporrebbe sia il dato testuale della disposizione normativa, sia il fatto che gli impianti in questione sarebbero destinati a soddisfare un'esigenza di trasporto di interesse pubblico. Altri indici che farebbero deporre per la natura di servizio pubblico dell'impianto oggetto di concessione sarebbero la disciplina della decadenza (art. 11, commi 1 e 2), quella della revoca (art. 13, comma 1), le disposizioni, sempre contenute nella legge provinciale n. 1 del 2006, sugli obblighi di servizio, sulle tariffe e sugli orari che il concessionario sarebbe tenuto a rispettare (art. 15, comma 1), nonche' l'obbligo per il concessionario di osservare le prescrizioni di cui al disciplinare-tipo approvato dal direttore della Ripartizione provinciale Mobilita' (obbligo previsto dall'art. 4, comma 1, del D.P.P. n. 61 del 2006), approvato con decreto n. 425 del 9 ottobre 2012 e richiamato nell'atto impugnato. Inoltre, i concessionari sarebbero tenuti ad effettuare il servizio «secondo le prescrizioni di esercizio approvate dall'ufficio provinciale competente in materia di trasporti funiviari e secondo le modalita' stabilite dal regolamento di esecuzione» (art. 26, comma 1 della L.P. n. 1 del 2006). Quanto alla Comunicazione della Commissione europea n. 376/01, resa in materia di aiuti di Stato e richiamata dalla Provincia nelle proprie osservazioni, l'Autorita' rileva che la normativa comunitaria in materia di procedure ad evidenza pubblica, che assoggetterebbe al rispetto dei principi e alle regole dell'evidenza pubblica ogni esternalizzazione di compiti di rilievo pubblicistico in favore di soggetti privati, sarebbe intervenuta successivamente alla sopra citata Comunicazione. L'art. 2 del Codice dei Contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.) afferma che le disposizioni del Codice sono adottate nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza (comma 1) e che le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono tenute, ratione materiae, all'adeguamento delle proprie legislazioni (comma 3). L'art. 30 del Codice stabilisce che nell'affidamento delle concessioni, le stazioni appaltanti devono rispettare i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalita', nonche' pubblicita', con le modalita' stabilite dallo stesso Codice. L'art. 164, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 dispone che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni di cui alla parte I e II del Codice, tra l'altro anche in relazione ai principi generali, alle procedure di affidamento, alle modalita' di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi. L'Autorita' ricorrente afferma ancora che, in favore del carattere di servizio di interesse economico generale dell'impianto di risalita a fune oggetto dell'atto impugnato, deporrebbe anche la disciplina urbanistica, dalla stessa Provincia invocata a difesa nelle proprie osservazioni: infatti nel Piano di settore degli impianti di risalita e delle piste da sci (approvato con deliberazione della Giunta provinciale n. 1545 del 16 dicembre 2014) si afferma che: «La specificita' degli impianti di paese e dei piccoli comprensori sciistici si inserisce all'interno di un contesto ben piu' ampio di interventi pubblici miranti al sostegno dell'economia dei trasporti a fune, giustificati dal fatto che costituiscono un servizio pubblico svolto nell'interesse generale». Per tale ragione il sistema degli impianti a fune godrebbe di significativi contributi pubblici, sia con riferimento alla costruzione, sia con riguardo al loro ammodernamento. La durata delle concessioni, secondo il costante orientamento dell'Autorita', andrebbe giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie, tra le quali non potrebbero rientrare gli aspetti collegati alla necessita' di revisione degli impianti, trattandosi di aspetti relativi alla sicurezza degli impianti che prescinderebbero dai profili amministrativi di durata delle concessioni. Ne' la durata della concessione potrebbe essere parametrata al periodo di recupero degli investimenti necessari per lo svolgimento dell'attivita', tanto piu' nei casi, come quello in esame, in cui i concessionari beneficino di una rilevante contribuzione pubblica a titolo di investimenti. Quanto alla proprieta' dell'area, il fatto che l'impianto in esame insista su un'area appartenente al patrimonio indisponibile della Provincia, costituito ai sensi dell'art. 826 del codice civile da beni che mirano a raggiungere «fini pubblici» o «destinati a pubblici servizi», confermerebbe definitivamente che il rinnovo - senza alcuna selezione concorrenziale - della concessione impugnata sarebbe volto allo svolgimento di un servizio pubblico. Infine, nel caso specifico, il concessionario assumerebbe tutti i rischi connessi alla costruzione e gestione dell'impianto di risalita a fune in servizio pubblico: in capo alla Provincia non sorgerebbe alcun obbligo di manleva e solo il soggetto privato sarebbe esposto alle eventuali perdite di esercizio. L'insieme di tutti i citati elementi consentirebbe di qualificare l'erogazione del servizio in questione - al di la' del nomen iuris - come funzionale al soddisfacimento di un interesse di carattere generale e non come attivita' di rilevanza esclusivamente economica; di talche' l'impugnato rinnovo della concessione per un periodo cosi' lungo (11 anni) determinerebbe un'ingiustificata situazione di vantaggio competitivo a favore di un determinato soggetto (id est, il concessionario storico), in pregiudizio di tutti gli altri operatori economici interessati alla concessione. Si e' costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, eccependo l'inammissibilita' del ricorso, per mancata impugnazione dell'asserito presupposto provvedimento dell'Azienda provinciale Foreste e demanio n. 44 del 16 giugno 2016, concernente la «concessione di bene demaniale indisponibile - foreste»: l'Autorita' avrebbe inteso infatti censurare il rinnovo dell'impianto «Gletschersee II» unicamente in quanto insistente su terreni appartenenti al patrimonio indisponibile della Provincia. Nel merito la difesa provinciale ha contestato che il provvedimento impugnato potesse qualificarsi come «contratto di concessione», adducendo le stesse 2 in vigore della presente legge, si configurano come provvedimenti autorizzatori ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 164, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». Ha quindi chiesto al giudice adito di dichiarare il ricorso inammissibile e/o irricevibile, e, in ogni caso, di rigettarlo, perche' infondato. Si e' costituita in giudizio anche la societa' Funivie Ghiacciai Val Senales S.p.A., contestando che l'attivita' di realizzazione e gestione di impianti a fune a uso turistico o sportivo-ricreativo da parte di privati in territorio montano possa costituire oggetto di un servizio pubblico generale, a nulla rilevando la circostanza che la legge provinciale n. 1 del 2006 parli di impianti »in servizio pubblico», intendendo quella locuzione solo significare che trattasi di impianti «aperti al pubblico». L'unica distinzione che la citata legge provinciale n. 1 del 2006 avrebbe inteso fare sarebbe quella tra impianti «in servizio pubblico» e impianti «in servizio privato». La Provincia non avrebbe mai assunto come suo compito quello di programmare, realizzare e dare in gestione gli impianti di risalita a uso turistico o sportivo-ricreativo, lasciando detto settore alla libera iniziativa dell'imprenditoria privata, salvo regolamentarne lo sviluppo per contemperare i vari interessi pubblici coinvolti nell'attivita' del turismo di montagna: sicurezza degli utenti, tutela ambientale, ordinato sviluppo del territorio ecc.. Mancherebbe inoltre un elemento fondamentale e imprescindibile per potersi parlare di contratti pubblici di concessione, ossia il trasferimento di un proprio compito istituzionale con i conseguenti connessi rischi operativi e gestionali, a nulla rilevando la denominazione del provvedimento quale «concessione», come chiarirebbe lo stesso art. 164 del Codice dei contratti. L'oggetto del provvedimento di concessione di cui alla legge provinciale n. 1 del 2006 non sarebbe l'affidamento di un servizio pubblico, ma l'abilitazione alla costruzione e all'esercizio di impianti a fune aperti al pubblico. L'art. 15 della legge provinciale n. 1 del 2006 autorizza effettivamente l'assessore provinciale competente ad approvare le tariffe massime per le singole corse, le modalita' di esercizio ed eventualmente gli orari, anche per gli impianti di seconda categoria, ma l'assessore non si sarebbe mai avvalso in concreto di detta facolta'. La societa' controinteressata stabilirebbe ogni anno in piena autonomia i prezzi per l'accesso agli impianti. Quanto alla decadenza e alla revoca, si tratterebbe di istituti compatibili anche con i provvedimenti di autorizzazione. La disponibilita' del terreno demaniale non discenderebbe dal provvedimento di rinnovo della concessione impugnato, bensi' dal distinto e autonomo provvedimento di concessione demaniale n. 44 del 16 giugno 2016. Infine, la censura concernente la durata del provvedimento di rinnovo della concessione si baserebbe sui medesimi presupposti gia' confutati. La difesa della societa' controinteressata ha quindi concluso per il rigetto del ricorso, siccome infondato. In vista dell'udienza fissata per la discussione del ricorso le parti hanno depositato memorie (anche di replica), a sostegno delle rispettive difese. In particolare, la difesa dell'Autorita' ricorrente, facendo riferimento agli articoli 44 e 45 della legge provinciale n. 10 del 2018, emanata nelle more del giudizio, ha affermato che dette disposizioni potrebbero mascherare l'intento della Provincia di procedere a una «autoqualificazione postuma degli istituti, evidentemente del tutto arbitraria e strumentale al non esperimento di procedure ad evidenza pubblica» e che, se cosi' fosse, «una tale norma porrebbe evidenti dubbi di legittimita' costituzionalita', per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione». All'udienza pubblica del 26 settembre 2018 la difesa dell'Autorita' ricorrente ha formalmente sollevato la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 44, comma 3, e 45 della legge provinciale n. 10 del 2018, per contrasto con gli articoli 24, 102 e 117, comma 1, della Costituzione (in rapporto all'art. 6 CEDU), nonche' per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e), e comma 1, della Costituzione, in relazione alle direttive 2014/23/UE (articoli 3, 30 e 41) e 2014/24/UE (art. 18) e articoli 49 e 56 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Sentite le parti, il ricorso e' stato quindi trattenuto in decisione. Considerato in diritto Con il ricorso in esame l'Autorita' contesta alla provincia di aver proceduto al rinnovo in favore della societa' controinteressata della «concessione per la linea di trasporto funiviario in servizio pubblico denominata M 204 p Gletschersee II» (nel Comune di Senales), ai sensi della legge provinciale 30 gennaio 2006, n. 1, senza ricorrere a procedure ad evidenza pubblica, in asserita violazione dei principi comunitari e nazionali posti a tutela della concorrenza. Va disattesa, anzitutto, l'eccezione di inammissibilita' del ricorso, per omessa impugnazione del decreto di rinnovo della concessione demaniale alla societa' Funivie Ghiacciai Senales S.p.A. n. 44 del 16 giugno 2016, ritenuto dalla difesa della Provincia atto presupposto del provvedimento n. 15713 del 30 agosto 2017 sub iudice, pur non essendo ivi menzionato. Invero, il nesso di presupposizione tra due atti puo' ritenersi sussistente solo quando tra essi vi sia un rapporto di conseguenzialita' immediata, diretta e necessaria, nel senso che l'atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perche' non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi da parte dei soggetti a cio' preposti. Nel caso di specie i due atti sono stati adottati all'esito di due distinti procedimenti amministrativi, sulla base di presupposti diversi e di autonome valutazioni. Il ricorso e' quindi da ritenersi ammissibile. Cio' posto, il Collegio ritiene che le disposizioni di cui agli articoli 44, comma 3, e 45 della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 10 siano effettivamente sospette di incostituzionalita'. L'art. 44, comma 3, sostituisce il comma 1 dell'art. 5 della legge provinciale n. 1 del 2006 e cosi' recita: «La costruzione e l'esercizio degli impianti a fune in servizio pubblico sono soggetti a concessione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 164, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». Tale secondo periodo stabilisce che le disposizioni della Parte III del Codice degli appalti (che regolamentano le concessioni di servizi, assoggettandole alla nuova disciplina del Codice) non siano da applicarsi ai «provvedimenti, comunque denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a richiesta di un operatore economico, autorizzano, stabilendone le modalita' e le condizioni, l'esercizio di un'attivita' economica, che puo' svolgersi anche mediante l'utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici». L'art. 45 cosi' dispone: «Le concessioni di cui alle leggi provinciali 8 novembre 1973, n. 87, e successive modifiche, e 30 gennaio 2006, n. 1, e successive modifiche, che autorizzano la costruzione e l'esercizio di impianti a fune ad uso sportivo o turistico-ricreativo, rilasciati prima dell'entrata in vigore della presente legge, si configurano come provvedimenti autorizzatori, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 164, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». Ad avviso del Collegio le citate disposizioni, prevedendo l'assoggettamento del regime concessorio degli impianti a fune di cui si controverte, con effetto retroattivo, alla regola di cui all'art. 164, comma 1, secondo periodo, del Codice dei contratti, cosi' da escludere i provvedimenti relativi alla costruzione e all'esercizio di tali impianti (e i relativi rinnovi) dall'ambito di applicazione della disciplina dell'evidenza pubblica, si pongono in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza, nonche' con l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE, agli articoli 49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e agli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.. Per quanto riguarda la rilevanza della questione sollevata, va osservato che, per effetto del combinato disposto degli articoli 44, comma 3, e 45 della citata legge provinciale n. 10 del 2018, la Provincia viene legittimata a sottrarre le concessioni (e i relativi rinnovi) inerenti alla costruzione e gestione degli impianti a fune all'obbligo della procedura concorsuale ad evidenza pubblica, compresi i provvedimenti di rinnovo delle concessioni degli impianti a fune a uso sportivo o turistico-ricreativo adottati prima dell'entrata in vigore della legge provinciale n. 10 del 2018, come quello in esame. Le disposizioni sopra citate - di immediata applicazione - sono chiare nel sottrarre le concessioni di cui si tratta all'evidenza pubblica, mediante la qualificazione dei provvedimenti come meri atti abilitativi all'esercizio di un'attivita' economica. Esse non si prestano a interpretazioni adeguatrici e impediscono al giudice adito di scegliere ogni diversa interpretazione in ordine alla «natura» dell'attivita' che ne e' oggetto; il che e' sufficiente a ravvisare la rilevanza della sopra prospettata questione di costituzionalita' ai fini della decisione della controversia. Entra quindi in discussione la ravvisata non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' delle due citate disposizioni per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE, agli articoli 49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e agli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.. Va premesso che la concessione rinnovata di cui si controverte ha come oggetto la gestione di una «linea di trasporto funiviario in servizio pubblico». Trattasi in concreto della gestione di una seggiovia triposto nel comprensorio sciistico della Val Senales, che la stessa difesa della Provincia definisce «impianto a fune ad uso sportivo o turistico-ricreativo». Detto impianto insiste su un terreno appartenente al patrimonio indisponibile (Foreste) della Provincia autonoma di Bolzano, dato in concessione alla controinteressata Funivie Ghiacciai Senales S.p.A con atto del direttore dell'Azienda provinciale delle Foreste e Demanio n. 44 del 16 giugno 2016, per la durata di 9 anni (cfr. doc. 1 della controinteressata). Il Collegio e' dell'avviso che l'affidamento della gestione dell'impianto suddetto sia da ricondurre alla tipologia delle concessioni di servizi pubblici. E' noto che manca nell'ordinamento nazionale una definizione unitaria di servizio pubblico e che le concessioni rappresentano una figura giuridica in continua evoluzione. Secondo il prevalente filone interpretativo della giurisprudenza formatosi in materia occorre fare leva sulla nozione oggettiva, che valorizza l'attivita' svolta e la sua diretta fruibilita' da parte dei cittadini, definendo il servizio pubblico come «un'attivita' di produzione di beni e di servizi, indirizzata istituzionalmente ed in via immediata al soddisfacimento di bisogni collettivi e sottoposta, per ragioni di interesse generale, a restrizioni disposte dall'autorita': non vengono inoltre trascurati gli elementi di doverosita' del servizio pubblico, che si esplicitano nei principi di sussidiarieta', uguaglianza, continuita', parita' di trattamento, imparzialita' e trasparenza» (cfr. Tribunale amministrativo regionale Lombardia, Brescia, 27 giugno 2005, n. 673). Tale teoria pone dunque in primo piano l'attivita', l'organizzazione e soprattutto l'attitudine a soddisfare direttamente un interesse di carattere generale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto gestore. La giurisprudenza ha stabilito che i fattori distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l'essere connotato dall'idoneita' a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti, e dall'altro, la sottoposizione del gestore a una serie di obblighi volti a conformare l'espletamento dell'attivita' a norme di continuita', regolarita', capacita' e qualita', cui non potrebbe essere assoggettata una comune attivita' economica. Si tratta in definitiva di attivita' esercitate per erogare prestazioni svolte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale (cfr. Tribunale amministrativo regionale Lombardia, Milano, Sez. III, 20 dicembre 2005, n. 5633 e Tribunale amministrativo regionale Lazio, Sez. II-ter, 5 ottobre 2011, n. 9012). Va precisato che in ambito comunitario non viene mai utilizzata l'espressione «servizio pubblico», preferendosi quella di «servizio di interesse economico generale» (cfr. articoli 14 e 106 del TFUE). Al riguardo peraltro la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire che la nozione comunitaria di servizio di interesse economico generale, ove limitata all'ambito locale, e quella interna di servizio pubblico locale di rilevanza economica hanno «contenuto omologo» (cfr. Corte costituzionale n. 325 del 17 novembre 2010). Orbene, l'impianto di risalita seggiovia «Gletschersee II», gestito da privati su terreno appartenente al patrimonio indisponibile della Provincia, puo' definirsi un servizio a rilevanza economica (in quanto la gestione e' remunerativa e, quindi, in grado di produrre reddito), offerto a una platea indifferenziata di utenti, che risponde a un interesse collettivo indispensabile nel contesto locale e all'interesse pubblico della Provincia alla promozione dello sport, del turismo e dell'economia di montagna. A conferma della natura di servizio pubblico degli impianti di risalita come quello che ne occupa, va posto in risalto che la Provincia ha avvertito la necessita' di predisporre un Piano di settore degli impianti di risalita e delle piste da sci (approvato con deliberazione della giunta provinciale n. 1545 del 16 dicembre 2014, pubblicata nel B.U. R. n. 6 del 10 febbraio 2015, Supplemento n. 3), per coordinare e regolamentare l'evoluzione del settore legato al turismo sciistico e del trasporto a fune, in cui sono individuate le singole zone sciistiche, le piste da sci e gli impianti di risalita con servizio sciistico, per i quali e' previsto un apposito registro cartografico. Ebbene, nel Piano si afferma espressamente che: «La specificita' degli impianti di paese e dei piccoli comprensori sciistici si inserisce all'interno di un contesto ben piu' ampio di interventi pubblici miranti al sostegno dei trasporti a fune, giustificati dal fatto che costituiscono un servizio pubblico svolto nell'interesse generale» (cfr pag. 52 del Piano). Dunque e' la stessa Provincia a qualificare il servizio di cui si tratta come servizio pubblico. Gia' nel periodo di vigenza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (prima quindi dell'entrata in vigore del nuovo Codice, approvato con decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) la giurisprudenza amministrativa aveva affermato che l'affidamento a terzi della gestione di impianti sportivi di rilevanza economica generale dovesse essere inquadrato come «concessione di pubblico servizio», e che la scelta del contraente dovesse effettuarsi all'esito di un confronto concorrenziale, nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato sull'Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici di trasparenza, adeguata pubblicita', non discriminazione, parita' di trattamento ecc. (cfr. Tribunale amministrativo regionale Lazio, Roma, Sez. II-ter, 23 marzo 2011, n. 2538 e 5 ottobre 2011, n. 9012; Consiglio di Stato Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2385 e Sez. V, 26 luglio 2016, n. 3380; cfr. anche A.N.A.C. 2 dicembre 2015, n. AG 87/2015/AP). Il nuovo Codice dei contratti del 2016 definisce «concessione di servizi», «un contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto, in virtu' del quale una o piu' stazioni appaltanti affidano a uno o piu' operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera ll), riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi» (art. 3, comma 1, lettera vv). Tratti caratterizzanti della concessione di servizi, secondo il Codice, sono la provenienza della maggior parte dei ricavi di gestione dalla vendita dei servizi resi al mercato e il collegamento tra la nozione di concessione e quella di «rischio operativo» legato alla gestione dei servizi, tale da comportare la possibilita' di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali (cfr. art. 3, comma 1, lettera zz). Il Collegio ritiene che la gestione di un impianto di rilevanza economica, quale e' quello sub iudice, rientri nella sopra richiamata definizione di «concessione di servizi», con la conseguenza che la stessa debba essere affidata nel rispetto delle parti I e II dello stesso Codice, come stabilito dall'art. 164, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e s.m.: «Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalita' e alle procedure di affidamento, alle modalita' di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalita' di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalita' di esecuzione». L'A.N.A.C., con la deliberazione n. 1300 del 14 dicembre 2016, adottata in risposta ad un quesito, ha espresso l'avviso che la gestione di impianti sportivi con rilevanza economica, qualificabili quale «concessione di servizi» ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera vv), del Codice, deve essere affidata nel rispetto delle previsioni di cui all'art. 164 e seguenti del Codice stesso, con applicazione delle parti I e II del Codice stesso (per quanto compatibili). L'art. 164, al comma 1, fa salve dall'applicazione della parte III del Codice le disposizioni di cui all'art. 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Ulteriore deroga e' prevista nel secondo periodo del comma 1, il quale cosi' dispone: «In ogni caso, le disposizioni della presente Parte non si applicano ai provvedimenti, comunque denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a richiesta di un operatore economico, autorizzano, stabilendone le modalita' e le condizioni, l'esercizio di un'attivita' economica che puo' svolgersi anche mediante l'utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici». Il rilascio di tali provvedimenti non deve quindi sottostare all'obbligo della procedura ad evidenza pubblica. Si tratta di una deroga di non facile interpretazione, che sembra escludere l'applicabilita' delle regole della gara pubblica a tutti i provvedimenti concessori (o autorizzatori), adottati dalle amministrazioni - su richiesta di un operatore economico - per legittimare l'esercizio di un'attivita' economica, stabilendone le modalita' e le condizioni di esercizio, all'occorrenza prevedendo l'utilizzo di impianti o beni pubblici. La Provincia, con i citati articoli 44, comma 3, e 45 della legge provinciale n. 10 del 2018, inquadra l'impugnato rinnovo della concessione per l'impianto a fune «Gletschersee II» nel sopra citato art. 164, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e s.m., cosi' qualificando il provvedimento impugnato non come concessione di un servizio economico di interesse generale, bensi' come atto autorizzatorio, che non deve sottostare alle regole della gara pubblica; in ogni caso non a quelle previste dal nuovo Codice, nella Parte III. Il Collegio e' dell'avviso che il suddetto inquadramento (con effetto retroattivo anche alla fattispecie in esame), non corrisponda alla natura dell'attivita' gestita, come qualificata e disciplinata dalla stessa legge provinciale n. 1 del 2006. Invero, detta legge afferma di disciplinare «gli impianti a fune in servizio pubblico e privato» e, nella versione antecedente alle modifiche introdotte con la legge provinciale n. 10 del 2018, specifica(va) all'art. 3, comma 1, che «tutte le linee funiviarie sono impianti in servizio pubblico, escluse quelle utilizzate gratuitamente ed esclusivamente dal proprietario/dalla proprietaria, dai suoi congiunti, dal personale di servizio, da ospiti occasionali e da persone addette all'assistenza medica, alla sicurezza pubblica, alla manutenzione ed altro e quelle adibite al trasporto di materiale», lasciando cosi' inequivocabilmente intendere che tutte e tre le categorie di linee funiviarie indicate nel successivo art. 4 della legge provinciale n. 1 del 2006 rientrino nel piu' ampio genus dei servizi pubblici di interesse generale. In particolare, nel caso di specie, oggetto del provvedimento e' la concessione di un servizio economico di interesse generale, il cui affidamento non puo' che avvenire secondo la procedura concorsuale ad evidenza pubblica. Ulteriori elementi, contenuti nella legge provinciale n. 1 del 2006 (nel testo anteriore alla novella), depongono per la natura di «servizio» dell'oggetto della concessione, come ad esempio la disciplina della decadenza (art. 11, commi 1 e 2) e quella della revoca (art. 13, comma 1), applicabile a tutte le categorie di linee indistintamente prima della novella del 2018. In particolare, l'art. 15 della stessa legge prevede(va) - anche in questo caso senza fare distinzioni tra le diverse tipologie di linee funiviarie - che l'assessore provinciale competente in materia di mobilita' approvasse «le tariffe massime per le corse singole, le modalita' di esercizio...e, se del caso, gli orari». L'art. 26 (la disposizione non e' stata modificata), al comma 1, chiarisce che «il servizio deve essere effettuato secondo le prescrizioni di esercizio approvate dall'ufficio provinciale competente in materia di trasporti funiviari e secondo le modalita' stabilite con regolamento di esecuzione». Ma vi e' di piu': come previsto dall'art. 4, comma 1, del regolamento di esecuzione alla citata legge provinciale (approvato con D.P.G.P. n. 61 del 2006), tutti i concessionari sono tenuti a osservare «le norme disciplinanti la costruzione e l'esercizio di impianti a fune in servizio pubblico e le prescrizioni stabilite nel disciplinare tipo approvato dal direttore della Ripartizione provinciale Mobilita'». Nella concessione impugnata, al punto 3) della parte dispositiva, si legge infatti che «il concessionario si impegna di (recte: a) osservare, oltre alle disposizioni di legge e regolamentari che disciplinano la costruzione e l'esercizio di impianti a fune in servizio pubblico, tutte le prescrizioni riportate nel disciplinare-tipo approvato dal direttore di Ripartizione della Mobilita' con decreto n. 425/38.3. dd. 9 ottobre 2012 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 46/I-II del 13 novembre 2012». Detto disciplinare, all'art. 4 («Modalita' di esercizio»), prevede regole molto dettagliate concernenti «l'esercizio del servizio pubblico di trasporto» (comma 2), anche in questo caso senza distinguere tra categorie di linee funiviarie. Particolarmente significativa e' la regola dettata nell'art. 8, che impone al concessionario di «organizzare il servizio di trasporto in modo che sia garantito in favore dell'utenza l'uso delle lingue italiana e tedesca, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, e successive modifiche». A tal riguardo va ricordato che le norme di attuazione dello Statuto di autonomia in materia di uso della lingua tedesca e ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione, approvate con il sopra richiamato decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, ha esteso «ai concessionari di servizi di pubblico» interesse l'obbligo di organizzare l'attivita' in modo da garantire l'uso delle due lingue italiana e tedesca stabilite nello stesso decreto (cfr. art. 2). Tutti gli elementi e gli obblighi di esercizio sopra descritti, lungi dal caratterizzare un semplice titolo abilitativo allo svolgimento di un'attivita' economica privata (nel caso di specie non vi e' neppure traccia della richiesta del titolo abilitativo/rinnovo da parte dell'operatore economico), sono invece tipici delle concessioni di servizi di interesse generale, che, se di rilevanza economica, come nel caso di specie, devono sottostare alle procedure ad evidenza pubblica, volte a selezionare il migliore operatore economico sul mercato cui affidare la gestione del servizio in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, garantendo condizioni di parita' d'accesso all'attivita' economica oggetto del servizio. Il Collegio dubita quindi della conformita' degli articoli 44, comma 3, e 45 della legge provinciale n. 10 del 2018 all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della tutela della concorrenza, nonche' all'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE, agli articoli 49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e agli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.. Invero, con le sopra citate disposizioni, il legislatore provinciale sottrae alle regole dell'evidenza pubblica l'affidamento della gestione di un servizio economico di interesse generale, quale deve qualificarsi quello concernente l'impianto di risalita in esame, determinando una disparita' di trattamento tra gli operatori economici in violazione del principio di concorrenza e di liberalizzazione del mercato, di cui il principio di parita' di trattamento, al pari di quelli di non discriminazione e trasparenza devono considerarsi attuazione e corollario (cfr. gli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE e, sul piano nazionale, gli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016). E' noto che la tutela della concorrenza e' una materia trasversale, che «s'intreccia inestricabilmente con una pluralita' di altri interessi, alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle regioni - connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese» (cfr. Corte costituzionale n. 272 del 24 luglio 2004), determinando una situazione di intreccio di competenze. L'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione ha conferito allo Stato, in via esclusiva, «il compito di regolare la concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. L'uniformita' rappresenta un valore in se' perche' differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali. La tutela della concorrenza non puo' essere fatta per zone: essa, "per sua natura, non puo' tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia" (sentenza n. 443 del 2007)» (cfr. Corte costituzionale, n. 283 del 6 novembre 2009). Lo stesso giudice costituzionale ha chiarito la portata del principio della liberalizzazione delle attivita' economiche, quale corollario del principio di promozione della concorrenza, precisando che il primo puo' trovare limitazione solo nella tutela di interessi di rango costituzionale o in contrasto con l'utilita' sociale, che non si ravvisano nel caso di specie (cfr. Corte costituzionale, n. 46 del 20 marzo 2013 e n. 65 del 12 aprile 2013). Il decreto legislativo n. 50 del 2016, con il quale il legislatore statale ha dato attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, esercitando la propria competenza esclusiva nella materia della tutela della concorrenza (art. 2, comma 1), ha imposto alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano di adeguare la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione (art. 2, comma 3). Per tutte le ragioni esposte, in conclusione il giudizio deve essere sospeso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita', con notifica della presente ordinanza, ai sensi del quarto comma del medesimo art. 23, alle parti costituite e al presidente della Provincia autonoma di Bolzano, e comunicata al presidente del consiglio della Provincia autonoma di Bolzano.