IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                     Sezione autonoma di Bolzano 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 86 del 2018, proposto da: 
        Autorita' garante della concorrenza e del mercato, in persona
del Presidente pro tempore, rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura
dello Stato di Trento, domiciliata ex lege  in  Trento,  Largo  Porta
Nuova, n. 9; 
    contro Provincia autonoma di Bolzano, in persona  del  presidente
pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Renate  von
Guggenberg, Stephan Beikircher, Laura Fadanelli, e Fabrizio Cavallar,
con domicilio eletto presso l'Avvocatura della Provincia, in Bolzano,
piazza Silvius Magnago, n. 1; 
    nei confronti Funivie Ghiacciai Val Senales S.p.A, in persona del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentata   e   difesa
dall'avvocato Alberto Munari, con domicilio digitale come da  PEC  da
Registri  di  giustizia  e  domicilio   eletto   presso   lo   studio
dell'avvocato Norbert Griesser, in Bolzano, vicolo Parrocchia n. 3; 
    per l'annullamento del decreto assessorile n. 15713 del 30 agosto
2017 della Provincia autonoma  di  Bolzano,  adottato  dall'assessore
provinciale  alla  mobilita',  avente  ad  oggetto   «Rinnovo   della
concessione per la linea di trasporto funiviario in servizio pubblico
M 204 p "Gletschersee II", sita nel Comune di Senales, pubblicato sul
Bollettino Ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige n. 48
del 28 novembre  2017,  e  di  ogni  altro  presupposto,  connesso  e
consequenziale, ancorche' non conosciuto. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  della  Provincia
autonoma di Bolzano e della societa' Funivie  Ghiacciai  Val  Senales
S.p.A; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre  2018  la
consigliere Lorenza  Pantozzi  Lerjefors  e  uditi  per  le  parti  i
difensori come specificato nel verbale; 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Con nota trasmessa all'Autorita' garante della concorrenza e  del
mercato in data 30 giugno 2017 la societa' Elpis S.r.l. segnalava  di
trovarsi «nella  pratica  impossibilita'  di  partecipare  alle  gare
previste dalla normativa  a  tutela  della  concorrenza,  perche'  le
stesse, dato  il  sistema  vigente  sul  territorio  della  Provincia
autonoma di Bolzano, non vengono bandite, ma sostituite da un sistema
opaco   di   rinnovi   concertati   con   le   societa'   attualmente
concessionate» (doc. 1 della ricorrente). 
    Successivamente, in data 7 dicembre  2017  la  medesima  societa'
segnalante trasmetteva, a integrazione, copia dei decreti di modifica
e  rinnovo  delle  concessioni,  tutti  pubblicati   sul   Bollettino
Ufficiale  della  Regione  n.  48  del  28  novembre  2017,  tra  cui
l'impugnato decreto  n.  15713  del  2017,  con  il  quale  e'  stata
rinnovata all'odierna  controinteressata  Funivie  Ghiacciai  Senales
S.p.A la concessione per la linea di trasporto funiviario in servizio
pubblico denominata M 204 p «Gletschersee II»  (seggiovia  triposto),
assegnata alla seconda categoria e, quindi di  pubblica  utilita'  ai
sensi dell'art. 21 della legge provinciale 30 gennaio 2006, n. 1, per
la durata di 11 anni a decorrere dalla data di adozione dello  stesso
decreto (30 agosto 2017). Il  decreto  impegna  il  concessionario  a
osservare, oltre alle  disposizioni  di  legge  e  regolamentari  che
disciplinano la costruzione e  l'esercizio  degli  impianti  a  fune,
anche  tutte  le  prescrizioni   riportate   nel   disciplinare-tipo,
approvato dal direttore della Ripartizione provinciale Mobilita'  con
decreto n. 435/38.3. del  9  ottobre  2012,  pubblicato  sul  BUR  n.
46/I-II del 13 novembre 2012 (doc.ti 2 della ricorrente  e  33  della
Provincia). 
    A seguito dell'istruttoria  esperita  l'Autorita'  garante  della
concorrenza e del mercato (di seguito  solo  Autorita')  riteneva  di
dover esercitare i poteri di  cui  all'art.  21-bis  della  legge  10
ottobre 1990, n. 287, deliberando nella riunione del 25 gennaio  2018
di esprimere il proprio parere motivato prot. n. S2962B  riferito  al
decreto impugnato n. 15713 del 2017,  rilevando  che  esso  «potrebbe
risultare restrittivo della concorrenza nella misura in  cui  dispone
il rinnovo della concessione senza l'espletamento di  alcun  tipo  di
confronto concorrenziale» (doc. n. 4 della ricorrente). 
    La Provincia autonoma di  Bolzano  (di  seguito  solo  Provincia)
presentava le proprie  osservazioni  con  nota  del  26  marzo  2018,
sostenendo che gli «impianti a fune con servizio  sciistico»  di  cui
all'art. 2, comma 2, lettera b), della legge provinciale 23  novembre
2010, n. 4 e gli  «impianti  a  fune  in  servizio  pubblico  ad  uso
sportivo o turistico-ricreativo» di cui all'art. 30-bis  della  legge
provinciale 30 gennaio 2006, n. 1 corrisponderebbero  nella  sostanza
agli   «impianti   di   trasporto   a   fune   per    la    mobilita'
turistico-sportiva esercitati in aree montane»  di  cui  all'art.  4,
comma 7, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, i quali  non
costituirebbero oggetto di un servizio pubblico generale per  effetto
del combinato disposto degli articoli 26, comma 12-quater e 20, comma
2, lettera e), dello stesso decreto. Pur non svolgendo un servizio di
trasporto   pubblico   di   interesse   economico   generale    (cfr.
Comunicazione della Commissione europea indirizzata agli Stati membri
in merito agli aiuti di Stato n. 376/01,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Comunita' europea n. C/172/2 del 18 luglio 2002), gli
impianti destinati  ad  attivita'  sportive  in  stazioni  turistiche
rivestirebbero  nondimeno  un  ruolo  importante  per   lo   sviluppo
dell'economia delle aree  di  montagne.  Gli  impianti  sarebbero  di
proprieta'  privata  dei  relativi  gestori   (societa'   private   o
imprenditori individuali) e anche le aree su cui  insisterebbero  gli
impianti sarebbero, in via generale, di  proprieta'  privata,  tranne
l'impianto  sub  iudice,  insistente  su  terreni   appartenenti   al
patrimonio indisponibile della  Provincia  autonoma  di  Bolzano.  Il
provvedimento di concessione di cui alla legge provinciale n.  1  del
2006  non  sarebbe  un  contratto  di  concessione   e   neppure   un
provvedimento di concessione  con  il  quale  la  suddetta  Provincia
affida a terzi un bene pubblico, bensi' un provvedimento con il quale
il  privato  richiedente  verrebbe  abilitato  alla   costruzione   e
all'esercizio dell'impianto a fune destinato al  pubblico  esercizio.
Inoltre, la Provincia non avrebbe mai assunto tra  i  propri  compiti
quello di programmare, realizzare e gestire gli impianti a  fune  «in
servizio  pubblico  ad  uso  sportivo  o  turistico-ricreativo»,  ne'
avrebbe fissato un numero chiuso di provvedimenti abilitativi per  la
costruzione e l'esercizio di questo tipo di impianti.  La  Provincia,
con quel provvedimento, non avrebbe  affidato  al  richiedente  alcun
proprio compito, non avrebbe trasferito a terzi  alcun  rischio,  ne'
richiesto un compenso. 
    Tali  provvedimenti  avrebbero  in  altre  parole  una   funzione
autorizzativa o permissiva, alla stessa stregua del provvedimento  di
«concessione    edilizia»,    tuttora    previsto    nell'ordinamento
provinciale. Ne' avrebbe rilievo la  circostanza  che  l'abilitazione
sia subordinata al rispetto da parte del richiedente delle condizioni
e prescrizioni stabilite in via generale dalla stessa  Provincia  nel
«disciplinare tipo degli obblighi del concessionario di una linea  di
trasporto funiviario in esercizio pubblico»,  approvato  con  decreto
direttoriale n. 425 del 9 ottobre 2012 (pubblicato nel BUR n. 46  del
12 novembre 2012) e  nel  «regolamento  di  esercizio»  di  cui  agli
articoli 26 della legge provinciale n. 1 del 2006 e 21 del D.P.P.  13
novembre 2006, n. 61, trattandosi di prescrizioni concernenti per  lo
piu' la sicurezza degli utenti.  L'apposizione  al  provvedimento  di
concessione di un termine di durata sarebbe  giustificata  dal  fatto
che gli impianti devono essere sottoposti a revisioni periodiche,  di
varia  intensita',  a  seconda  della  tipologia  dell'impianto.   In
conclusione, secondo la Provincia, «l'esercizio di impianti a fune di
seconda  e  terza  categoria,  ad  uso  sportivo  o  turistico,   nel
territorio della Provincia autonoma di Bolzano  non  e'  soggetto  ad
obblighi di evidenza pubblica» (doc. 5 della ricorrente). 
    L'Autorita'   ricorrente,   esaminate   le   dette   osservazioni
nell'adunanza del 18 aprile 2018 e ritenuto, alla luce delle  stesse,
che la Provincia non si fosse adeguata  al  parere  inviatole  il  26
gennaio 2018 entro i 60 giorni previsti dall'art.  21-bis,  comma  2,
della legge n. 287 del 1990, deliberava di proporre  ai  sensi  della
medesima  disposizione  il  presente  ricorso,   volto   a   ottenere
l'annullamento dell'impugnato decreto n. 15713 del 30 agosto 2017. 
    A fondamento del ricorso e' stato dedotto il seguente  articolato
motivo: 
        «Violazione  dei  principi   di   trasparenza,   parita'   di
trattamento,  non  discriminazione,  libera  concorrenza:  violazione
degli articoli 3, 30 e 41 della direttiva 2014/23/UE; art.  18  della
direttiva 2014/24/UE e articoli 18, 30, 164 del Codice dei  contratti
pubblici (decreto legislativo n. 50/2016). Violazione della  liberta'
di stabilimento e libera prestazione di servizi:  articoli  49  e  56
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Violazione  dell'art.
3 L.P.  Bolzano  n.  1/2006  (Disciplina  degli  impianti  a  fune  e
prescrizioni per gli ostacoli alla navigazione aerea)». 
    La ricorrente ritiene che la Provincia,  rinnovando  per  ben  11
anni la concessione dell'impianto funiviario  «Gletschersee  II»  nel
Comune di Senales alla societa'  controinteressata  abbia  violato  i
principi comunitari e nazionali posti  a  tutela  della  concorrenza.
Strumentali all'attuazione  del  principio  di  concorrenza  tra  gli
operatori  economici  sarebbero  anche  i  principi  di  trasparenza,
parita' di trattamento e non discriminazione, che sarebbero alla base
della disciplina sulle concessioni, richiamati dagli articoli 3,  30,
comma 2, e 41 della direttiva  2014/23/UE  e  anche  dalla  direttiva
2014/24/UE sugli appalti pubblici. Gli stessi principi di derivazione
comunitaria sarebbero  richiamati  nel  nuovo  Codice  dei  contratti
pubblici (articoli 30 e 164, comma  2,  del  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50). 
    Contrariamente a quanto affermato dalla Provincia  nelle  proprie
osservazioni, l'esercizio dell'impianto a  fune  in  oggetto  sarebbe
qualificabile  come  «servizio  pubblico».  Lo   stesso   legislatore
provinciale  avrebbe   distinto   le   linee   funiviarie   destinate
all'erogazione  di  un  servizio  pubblico,   da   quelle   meramente
finalizzate a un utilizzo privato (art. 1, comma 1 della  L.P.  n.  1
del 2006: «La presente  legge  disciplina  gli  impianti  a  fune  in
servizio pubblico e privato»;  art.  3,  comma  1:  «Tutte  le  linee
funiviarie sono impianti in servizio pubblico»). Le tre categorie  di
linee  funiviarie   indicate   nell'art.   4   della   stessa   legge
rientrerebbero  nel  piu'  ampio  genus  delle  linee  funiviarie  in
servizio pubblico; in tal senso deporrebbe sia il dato testuale della
disposizione normativa, sia il fatto che gli  impianti  in  questione
sarebbero  destinati  a  soddisfare  un'esigenza  di   trasporto   di
interesse pubblico. Altri indici che farebbero deporre per la  natura
di servizio pubblico dell'impianto oggetto di  concessione  sarebbero
la disciplina della decadenza (art. 11, commi 1 e  2),  quella  della
revoca (art. 13, comma 1), le disposizioni,  sempre  contenute  nella
legge provinciale n. 1 del 2006, sugli obblighi  di  servizio,  sulle
tariffe  e  sugli  orari  che  il  concessionario  sarebbe  tenuto  a
rispettare  (art.  15,   comma   1),   nonche'   l'obbligo   per   il
concessionario   di   osservare   le   prescrizioni   di    cui    al
disciplinare-tipo  approvato   dal   direttore   della   Ripartizione
provinciale Mobilita' (obbligo previsto dall'art.  4,  comma  1,  del
D.P.P. n. 61 del 2006), approvato con decreto n. 425  del  9  ottobre
2012 e  richiamato  nell'atto  impugnato.  Inoltre,  i  concessionari
sarebbero tenuti ad effettuare il servizio «secondo  le  prescrizioni
di esercizio approvate dall'ufficio provinciale competente in materia
di  trasporti  funiviari  e  secondo  le  modalita'   stabilite   dal
regolamento di esecuzione» (art. 26, comma 1  della  L.P.  n.  1  del
2006). 
    Quanto alla Comunicazione della Commissione  europea  n.  376/01,
resa in materia di aiuti di Stato e richiamata dalla Provincia  nelle
proprie osservazioni, l'Autorita' rileva che la normativa comunitaria
in materia di procedure ad evidenza pubblica, che assoggetterebbe  al
rispetto dei principi  e  alle  regole  dell'evidenza  pubblica  ogni
esternalizzazione di compiti di rilievo pubblicistico  in  favore  di
soggetti privati,  sarebbe  intervenuta  successivamente  alla  sopra
citata Comunicazione. 
    L'art. 2 del Codice dei Contratti pubblici  (decreto  legislativo
18 aprile 2016, n. 50 e s.m.) afferma che le disposizioni del  Codice
sono adottate nell'esercizio della competenza  legislativa  esclusiva
in materia di tutela della concorrenza (comma 1) e che le  regioni  a
statuto speciale e le Province autonome di Trento e di  Bolzano  sono
tenute, ratione materiae, all'adeguamento delle proprie  legislazioni
(comma 3). L'art. 30 del Codice stabilisce che nell'affidamento delle
concessioni, le stazioni appaltanti devono rispettare i  principi  di
libera     concorrenza,     non     discriminazione,     trasparenza,
proporzionalita', nonche' pubblicita',  con  le  modalita'  stabilite
dallo stesso Codice. L'art. 164, comma 2, del decreto legislativo  n.
50 del 2016 dispone che alle procedure di aggiudicazione di contratti
di concessione di servizi si applicano, per  quanto  compatibili,  le
disposizioni di cui alla parte I e II del Codice, tra  l'altro  anche
in relazione ai principi generali,  alle  procedure  di  affidamento,
alle modalita' di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi. 
    L'Autorita'  ricorrente  afferma  ancora  che,  in   favore   del
carattere di servizio di interesse economico  generale  dell'impianto
di risalita a fune oggetto dell'atto impugnato, deporrebbe  anche  la
disciplina urbanistica, dalla  stessa  Provincia  invocata  a  difesa
nelle proprie  osservazioni:  infatti  nel  Piano  di  settore  degli
impianti  di  risalita  e  delle  piste   da   sci   (approvato   con
deliberazione della Giunta provinciale n. 1545 del 16 dicembre  2014)
si afferma che: «La  specificita'  degli  impianti  di  paese  e  dei
piccoli comprensori sciistici si inserisce all'interno di un contesto
ben  piu'  ampio  di  interventi   pubblici   miranti   al   sostegno
dell'economia dei  trasporti  a  fune,  giustificati  dal  fatto  che
costituiscono un servizio pubblico svolto  nell'interesse  generale».
Per tale ragione  il  sistema  degli  impianti  a  fune  godrebbe  di
significativi  contributi  pubblici,   sia   con   riferimento   alla
costruzione, sia con riguardo al loro ammodernamento. 
    La durata delle concessioni,  secondo  il  costante  orientamento
dell'Autorita',  andrebbe  giustificata  sulla  base  di  valutazioni
tecniche, economiche e  finanziarie,  tra  le  quali  non  potrebbero
rientrare gli aspetti collegati alla necessita'  di  revisione  degli
impianti,  trattandosi  di  aspetti  relativi  alla  sicurezza  degli
impianti che prescinderebbero dai profili  amministrativi  di  durata
delle concessioni. Ne' la durata della  concessione  potrebbe  essere
parametrata al periodo di recupero degli investimenti  necessari  per
lo svolgimento dell'attivita', tanto piu' nei casi,  come  quello  in
esame,  in  cui  i  concessionari   beneficino   di   una   rilevante
contribuzione pubblica a titolo di investimenti. 
    Quanto alla proprieta' dell'area,  il  fatto  che  l'impianto  in
esame insista su un'area  appartenente  al  patrimonio  indisponibile
della Provincia, costituito ai sensi dell'art. 826 del codice  civile
da beni che mirano a  raggiungere  «fini  pubblici»  o  «destinati  a
pubblici servizi», confermerebbe definitivamente  che  il  rinnovo  -
senza alcuna selezione concorrenziale - della  concessione  impugnata
sarebbe volto allo svolgimento di un servizio pubblico. 
    Infine, nel caso specifico, il concessionario assumerebbe tutti i
rischi connessi alla costruzione e gestione dell'impianto di risalita
a fune in servizio pubblico: in capo alla  Provincia  non  sorgerebbe
alcun obbligo di manleva e solo il soggetto privato  sarebbe  esposto
alle eventuali perdite di esercizio. 
    L'insieme di tutti i citati elementi consentirebbe di qualificare
l'erogazione del servizio in questione - al di la' del nomen iuris  -
come funzionale al  soddisfacimento  di  un  interesse  di  carattere
generale e non come attivita' di rilevanza esclusivamente  economica;
di talche' l'impugnato rinnovo della concessione per un periodo cosi'
lungo  (11  anni)  determinerebbe  un'ingiustificata  situazione   di
vantaggio competitivo a favore di un determinato soggetto (id est, il
concessionario storico), in pregiudizio di tutti gli altri  operatori
economici interessati alla concessione. 
    Si e' costituita in giudizio la Provincia  autonoma  di  Bolzano,
eccependo l'inammissibilita' del ricorso,  per  mancata  impugnazione
dell'asserito  presupposto  provvedimento  dell'Azienda   provinciale
Foreste  e  demanio  n.  44  del  16  giugno  2016,  concernente   la
«concessione di bene demaniale indisponibile - foreste»:  l'Autorita'
avrebbe   inteso   infatti   censurare   il   rinnovo   dell'impianto
«Gletschersee  II»  unicamente  in  quanto  insistente   su   terreni
appartenenti al patrimonio indisponibile della Provincia. Nel  merito
la difesa provinciale ha contestato che  il  provvedimento  impugnato
potesse qualificarsi come «contratto di  concessione»,  adducendo  le
stesse  2  in  vigore  della  presente  legge,  si  configurano  come
provvedimenti autorizzatori  ai  sensi  e  per  gli  effetti  di  cui
all'art. 164, comma 1, secondo periodo, del  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50». Ha quindi chiesto al giudice adito di dichiarare
il ricorso inammissibile  e/o  irricevibile,  e,  in  ogni  caso,  di
rigettarlo, perche' infondato. 
    Si e' costituita in giudizio anche la societa' Funivie  Ghiacciai
Val Senales S.p.A., contestando che l'attivita'  di  realizzazione  e
gestione di impianti a fune a uso turistico o sportivo-ricreativo  da
parte di privati in territorio montano possa costituire oggetto di un
servizio pubblico generale, a nulla rilevando la circostanza  che  la
legge provinciale n. 1  del  2006  parli  di  impianti  »in  servizio
pubblico», intendendo quella locuzione solo significare che  trattasi
di impianti «aperti al pubblico». L'unica distinzione che  la  citata
legge provinciale n. 1 del 2006 avrebbe inteso  fare  sarebbe  quella
tra impianti «in servizio pubblico» e impianti «in servizio privato».
La Provincia non avrebbe mai  assunto  come  suo  compito  quello  di
programmare, realizzare e dare in gestione gli impianti di risalita a
uso turistico o sportivo-ricreativo,  lasciando  detto  settore  alla
libera iniziativa dell'imprenditoria privata, salvo regolamentarne lo
sviluppo  per  contemperare  i  vari  interessi  pubblici   coinvolti
nell'attivita' del  turismo  di  montagna:  sicurezza  degli  utenti,
tutela ambientale, ordinato sviluppo del territorio ecc.. Mancherebbe
inoltre  un  elemento  fondamentale  e  imprescindibile  per  potersi
parlare di contratti pubblici di concessione, ossia il  trasferimento
di un proprio compito istituzionale con i conseguenti connessi rischi
operativi e  gestionali,  a  nulla  rilevando  la  denominazione  del
provvedimento quale «concessione», come chiarirebbe  lo  stesso  art.
164  del  Codice  dei  contratti.  L'oggetto  del  provvedimento   di
concessione di cui alla legge provinciale n. 1 del 2006  non  sarebbe
l'affidamento  di  un  servizio  pubblico,  ma  l'abilitazione   alla
costruzione e all'esercizio di impianti a fune  aperti  al  pubblico.
L'art.  15  della  legge  provinciale  n.  1   del   2006   autorizza
effettivamente l'assessore provinciale  competente  ad  approvare  le
tariffe massime per le singole corse, le modalita'  di  esercizio  ed
eventualmente gli orari, anche per gli impianti di seconda categoria,
ma l'assessore non si  sarebbe  mai  avvalso  in  concreto  di  detta
facolta'. 
    La societa' controinteressata stabilirebbe  ogni  anno  in  piena
autonomia i prezzi per l'accesso agli impianti. Quanto alla decadenza
e alla revoca, si tratterebbe di istituti  compatibili  anche  con  i
provvedimenti  di  autorizzazione.  La  disponibilita'  del   terreno
demaniale  non  discenderebbe  dal  provvedimento  di  rinnovo  della
concessione impugnato, bensi' dal distinto e  autonomo  provvedimento
di concessione demaniale n. 44 del 16 giugno 2016. Infine, la censura
concernente la durata del provvedimento di rinnovo della  concessione
si baserebbe sui medesimi presupposti gia' confutati. 
    La difesa della societa' controinteressata ha quindi concluso per
il rigetto del ricorso, siccome infondato. 
    In vista dell'udienza fissata per la discussione del  ricorso  le
parti hanno depositato memorie (anche di replica), a  sostegno  delle
rispettive  difese.  In   particolare,   la   difesa   dell'Autorita'
ricorrente, facendo riferimento agli articoli 44  e  45  della  legge
provinciale n. 10 del 2018,  emanata  nelle  more  del  giudizio,  ha
affermato che  dette  disposizioni  potrebbero  mascherare  l'intento
della Provincia di procedere a una «autoqualificazione postuma  degli
istituti, evidentemente del tutto arbitraria  e  strumentale  al  non
esperimento di procedure ad evidenza pubblica» e che, se cosi' fosse,
«una   tale   norma   porrebbe   evidenti   dubbi   di   legittimita'
costituzionalita', per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e),
della Costituzione». 
    All'udienza  pubblica   del   26   settembre   2018   la   difesa
dell'Autorita' ricorrente ha formalmente sollevato  la  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 44, comma 3,  e  45  della
legge provinciale n. 10 del 2018, per contrasto con gli articoli  24,
102 e 117, comma 1, della Costituzione (in rapporto all'art. 6 CEDU),
nonche' per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e), e comma 1,
della Costituzione, in relazione alle direttive 2014/23/UE  (articoli
3, 30 e 41) e 2014/24/UE (art. 18) e articoli 49 e  56  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea. Sentite le parti,  il  ricorso  e'
stato quindi trattenuto in decisione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Con il ricorso in esame l'Autorita' contesta  alla  provincia  di
aver proceduto al rinnovo in favore della societa'  controinteressata
della «concessione per la linea di trasporto funiviario  in  servizio
pubblico denominata M 204 p Gletschersee II» (nel Comune di Senales),
ai sensi della  legge  provinciale  30  gennaio  2006,  n.  1,  senza
ricorrere a procedure ad evidenza pubblica,  in  asserita  violazione
dei principi comunitari e nazionali posti a tutela della concorrenza. 
    Va disattesa,  anzitutto,  l'eccezione  di  inammissibilita'  del
ricorso,  per  omessa  impugnazione  del  decreto  di  rinnovo  della
concessione demaniale alla societa' Funivie Ghiacciai Senales  S.p.A.
n. 44 del 16 giugno 2016, ritenuto dalla difesa della Provincia  atto
presupposto del provvedimento n. 15713 del 30 agosto 2017 sub iudice,
pur non essendo ivi menzionato. 
    Invero, il nesso di presupposizione tra due atti  puo'  ritenersi
sussistente  solo  quando  tra   essi   vi   sia   un   rapporto   di
conseguenzialita' immediata, diretta  e  necessaria,  nel  senso  che
l'atto successivo si pone quale  inevitabile  conseguenza  di  quello
precedente, perche' non vi sono  nuove  ed  autonome  valutazioni  di
interessi da parte dei soggetti a cio' preposti. 
    Nel caso di specie i due atti sono stati  adottati  all'esito  di
due distinti procedimenti amministrativi, sulla base  di  presupposti
diversi e di autonome valutazioni. 
    Il ricorso e' quindi da ritenersi ammissibile. 
    Cio' posto, il Collegio ritiene che le disposizioni di  cui  agli
articoli 44, comma 3, e 45 della legge provinciale 11 luglio 2018, n.
10 siano effettivamente sospette di incostituzionalita'. 
    L'art. 44, comma 3, sostituisce il  comma  1  dell'art.  5  della
legge provinciale n. 1 del 2006 e cosi'  recita:  «La  costruzione  e
l'esercizio degli impianti a fune in servizio pubblico sono  soggetti
a concessione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 164,  comma
1, secondo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.  50».
Tale secondo periodo stabilisce che le disposizioni della  Parte  III
del  Codice  degli  appalti  (che  regolamentano  le  concessioni  di
servizi, assoggettandole alla nuova disciplina del Codice) non  siano
da applicarsi ai «provvedimenti,  comunque  denominati,  con  cui  le
amministrazioni  aggiudicatrici,  a   richiesta   di   un   operatore
economico, autorizzano, stabilendone le modalita'  e  le  condizioni,
l'esercizio di  un'attivita'  economica,  che  puo'  svolgersi  anche
mediante l'utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici». 
    L'art. 45 cosi'  dispone:  «Le  concessioni  di  cui  alle  leggi
provinciali 8 novembre 1973, n. 87,  e  successive  modifiche,  e  30
gennaio 2006, n.  1,  e  successive  modifiche,  che  autorizzano  la
costruzione e l'esercizio di  impianti  a  fune  ad  uso  sportivo  o
turistico-ricreativo, rilasciati prima dell'entrata in  vigore  della
presente legge, si configurano come provvedimenti  autorizzatori,  ai
sensi e per gli  effetti  di  cui  all'art.  164,  comma  1,  secondo
periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». 
    Ad  avviso  del  Collegio  le  citate  disposizioni,   prevedendo
l'assoggettamento del regime concessorio degli impianti a fune di cui
si controverte, con effetto retroattivo, alla regola di cui  all'art.
164, comma 1, secondo periodo, del Codice  dei  contratti,  cosi'  da
escludere i provvedimenti relativi alla costruzione  e  all'esercizio
di tali impianti (e i relativi rinnovi) dall'ambito  di  applicazione
della disciplina dell'evidenza pubblica, si pongono in contrasto  con
l'art. 117, comma 2, lettera e), Cost., che attribuisce allo Stato la
competenza  legislativa  esclusiva  in  materia   di   tutela   della
concorrenza, nonche' con l'art. 117, comma  1,  Cost.,  in  relazione
agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva  2014/23/UE,  agli  articoli
49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  e  agli
articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18  aprile  2016,
n. 50 e s.m.. 
    Per quanto riguarda la rilevanza della  questione  sollevata,  va
osservato che, per effetto del combinato disposto degli articoli  44,
comma 3, e 45 della citata legge  provinciale  n.  10  del  2018,  la
Provincia viene legittimata a sottrarre le concessioni (e i  relativi
rinnovi) inerenti alla costruzione e gestione degli impianti  a  fune
all'obbligo  della  procedura  concorsuale  ad   evidenza   pubblica,
compresi i provvedimenti di rinnovo delle concessioni degli  impianti
a  fune  a  uso  sportivo  o  turistico-ricreativo   adottati   prima
dell'entrata in vigore della legge provinciale n. 10 del  2018,  come
quello in esame. 
    Le disposizioni sopra citate - di immediata applicazione  -  sono
chiare nel sottrarre le concessioni di  cui  si  tratta  all'evidenza
pubblica, mediante la qualificazione dei provvedimenti come meri atti
abilitativi all'esercizio di  un'attivita'  economica.  Esse  non  si
prestano a interpretazioni adeguatrici e impediscono al giudice adito
di scegliere ogni diversa interpretazione  in  ordine  alla  «natura»
dell'attivita' che ne e' oggetto; il che e' sufficiente  a  ravvisare
la rilevanza della sopra prospettata questione  di  costituzionalita'
ai fini della decisione della controversia. 
    Entra  quindi  in  discussione   la   ravvisata   non   manifesta
infondatezza della questione di costituzionalita'  delle  due  citate
disposizioni per  contrasto  con  l'art.  117,  comma  1,  Cost.,  in
relazione agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva  2014/23/UE,  agli
articoli 49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
e agli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18  aprile
2016, n. 50 e s.m.. 
    Va premesso che la concessione rinnovata di cui si controverte ha
come oggetto la gestione di una «linea  di  trasporto  funiviario  in
servizio pubblico».  Trattasi  in  concreto  della  gestione  di  una
seggiovia triposto nel comprensorio sciistico della Val Senales,  che
la stessa difesa della Provincia definisce «impianto a  fune  ad  uso
sportivo  o  turistico-ricreativo».  Detto  impianto  insiste  su  un
terreno appartenente  al  patrimonio  indisponibile  (Foreste)  della
Provincia   autonoma   di   Bolzano,   dato   in   concessione   alla
controinteressata  Funivie  Ghiacciai  Senales  S.p.A  con  atto  del
direttore dell'Azienda provinciale delle Foreste e Demanio n. 44  del
16 giugno  2016,  per  la  durata  di  9  anni  (cfr.  doc.  1  della
controinteressata). 
    Il Collegio  e'  dell'avviso  che  l'affidamento  della  gestione
dell'impianto  suddetto  sia  da  ricondurre  alla  tipologia   delle
concessioni di servizi pubblici. 
    E' noto che  manca  nell'ordinamento  nazionale  una  definizione
unitaria di servizio pubblico e che le concessioni rappresentano  una
figura giuridica in continua evoluzione. 
    Secondo il prevalente filone interpretativo della  giurisprudenza
formatosi in materia occorre fare leva sulla nozione  oggettiva,  che
valorizza l'attivita' svolta e la sua diretta  fruibilita'  da  parte
dei cittadini, definendo il servizio pubblico come  «un'attivita'  di
produzione di beni e di servizi, indirizzata istituzionalmente ed  in
via immediata al soddisfacimento di bisogni collettivi e  sottoposta,
per  ragioni  di   interesse   generale,   a   restrizioni   disposte
dall'autorita':  non  vengono  inoltre  trascurati  gli  elementi  di
doverosita' del servizio pubblico, che si esplicitano nei principi di
sussidiarieta', uguaglianza,  continuita',  parita'  di  trattamento,
imparzialita' e trasparenza» (cfr. Tribunale amministrativo regionale
Lombardia, Brescia, 27 giugno 2005, n. 673). Tale teoria pone  dunque
in  primo   piano   l'attivita',   l'organizzazione   e   soprattutto
l'attitudine a soddisfare  direttamente  un  interesse  di  carattere
generale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del  soggetto
gestore. 
    La giurisprudenza ha  stabilito  che  i  fattori  distintivi  del
pubblico servizio sono, da un lato, l'essere connotato dall'idoneita'
a  soddisfare  in  modo  diretto  esigenze  proprie  di  una   platea
indifferenziata  di  utenti,  e  dall'altro,  la  sottoposizione  del
gestore a una serie di obblighi  volti  a  conformare  l'espletamento
dell'attivita' a  norme  di  continuita',  regolarita',  capacita'  e
qualita', cui non potrebbe essere assoggettata una  comune  attivita'
economica. Si  tratta  in  definitiva  di  attivita'  esercitate  per
erogare prestazioni svolte a soddisfare bisogni  collettivi  ritenuti
indispensabili in un determinato  contesto  sociale  (cfr.  Tribunale
amministrativo regionale Lombardia, Milano,  Sez.  III,  20  dicembre
2005, n.  5633  e  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio,  Sez.
II-ter, 5 ottobre 2011, n. 9012). 
    Va precisato che in ambito comunitario non viene  mai  utilizzata
l'espressione «servizio pubblico», preferendosi quella  di  «servizio
di interesse economico generale» (cfr. articoli 14 e 106  del  TFUE).
Al riguardo  peraltro  la  Corte  costituzionale  ha  avuto  modo  di
chiarire  che  la  nozione  comunitaria  di  servizio  di   interesse
economico generale, ove limitata all'ambito locale, e quella  interna
di servizio pubblico locale di rilevanza economica  hanno  «contenuto
omologo» (cfr. Corte costituzionale n. 325 del 17 novembre 2010). 
    Orbene,  l'impianto  di  risalita  seggiovia  «Gletschersee  II»,
gestito  da   privati   su   terreno   appartenente   al   patrimonio
indisponibile della Provincia, puo' definirsi un servizio a rilevanza
economica (in quanto la gestione e' remunerativa e, quindi, in  grado
di produrre reddito), offerto a una platea indifferenziata di utenti,
che risponde a un interesse collettivo  indispensabile  nel  contesto
locale e all'interesse pubblico della Provincia alla promozione dello
sport, del turismo e dell'economia di montagna. 
    A conferma della natura di servizio pubblico  degli  impianti  di
risalita come quello che ne  occupa,  va  posto  in  risalto  che  la
Provincia ha avvertito la  necessita'  di  predisporre  un  Piano  di
settore degli impianti di risalita e delle piste  da  sci  (approvato
con deliberazione della giunta provinciale n. 1545  del  16  dicembre
2014, pubblicata nel B.U. R. n. 6 del 10 febbraio  2015,  Supplemento
n. 3), per coordinare e regolamentare l'evoluzione del settore legato
al turismo sciistico e del trasporto a fune, in cui sono  individuate
le singole zone sciistiche,  le  piste  da  sci  e  gli  impianti  di
risalita con servizio sciistico, per i quali e' previsto un  apposito
registro cartografico. Ebbene, nel  Piano  si  afferma  espressamente
che:  «La  specificita'  degli  impianti  di  paese  e  dei   piccoli
comprensori sciistici si inserisce all'interno  di  un  contesto  ben
piu' ampio di interventi pubblici miranti al sostegno dei trasporti a
fune, giustificati dal fatto che costituiscono un  servizio  pubblico
svolto nell'interesse generale» (cfr pag. 52 del Piano). Dunque e' la
stessa Provincia a qualificare il servizio  di  cui  si  tratta  come
servizio pubblico. 
    Gia' nel periodo di vigenza del  decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163 (prima quindi dell'entrata in vigore del  nuovo  Codice,
approvato  con  decreto  legislativo  18  aprile  2016,  n.  50)   la
giurisprudenza amministrativa aveva  affermato  che  l'affidamento  a
terzi della gestione di  impianti  sportivi  di  rilevanza  economica
generale dovesse essere  inquadrato  come  «concessione  di  pubblico
servizio»,  e  che  la  scelta  del  contraente  dovesse  effettuarsi
all'esito di un confronto concorrenziale, nel rispetto  dei  principi
desumibili dal Trattato sull'Unione europea e dei  principi  generali
relativi ai contratti pubblici di trasparenza, adeguata  pubblicita',
non discriminazione, parita'  di  trattamento  ecc.  (cfr.  Tribunale
amministrativo regionale Lazio, Roma, Sez. II-ter, 23 marzo 2011,  n.
2538 e 5 ottobre 2011, n. 9012; Consiglio di Stato Sez. V,  2  maggio
2013, n. 2385 e Sez. V, 26 luglio 2016, n. 3380; cfr. anche  A.N.A.C.
2 dicembre 2015, n. AG 87/2015/AP). 
    Il nuovo Codice dei contratti del 2016 definisce «concessione  di
servizi», «un contratto a titolo oneroso, stipulato per iscritto,  in
virtu' del quale una o piu' stazioni appaltanti affidano a uno o piu'
operatori economici la fornitura e la  gestione  di  servizi  diversi
dall'esecuzione di lavori di cui alla  lettera  ll),  riconoscendo  a
titolo di corrispettivo unicamente il diritto di  gestire  i  servizi
oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un  prezzo,  con
assunzione in capo al concessionario  del  rischio  operativo  legato
alla gestione dei servizi» (art. 3, comma 1, lettera vv). 
    Tratti caratterizzanti della concessione di servizi,  secondo  il
Codice, sono  la  provenienza  della  maggior  parte  dei  ricavi  di
gestione dalla vendita dei servizi resi al mercato e il  collegamento
tra la nozione di concessione e quella di «rischio operativo»  legato
alla gestione dei servizi, tale da comportare la possibilita' di  non
riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti
per realizzare  i  lavori  o  i  servizi  aggiudicati  in  condizioni
operative normali (cfr. art. 3, comma 1, lettera zz). 
    Il Collegio ritiene che la gestione di un impianto  di  rilevanza
economica, quale e' quello sub iudice, rientri nella sopra richiamata
definizione di «concessione di servizi», con la  conseguenza  che  la
stessa debba essere affidata nel rispetto delle parti I  e  II  dello
stesso Codice, come stabilito dall'art. 164,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 50 del 2016 e s.m.: «Alle procedure di  aggiudicazione
di contratti di concessione  di  lavori  pubblici  o  di  servizi  si
applicano, per quanto compatibili, le  disposizioni  contenute  nella
parte I e nella parte  II,  del  presente  codice,  relativamente  ai
principi generali, alle esclusioni, alle modalita' e  alle  procedure
di affidamento, alle modalita' di pubblicazione e redazione dei bandi
e degli avvisi, ai requisiti generali  e  speciali  e  ai  motivi  di
esclusione,  ai  criteri  di  aggiudicazione,   alle   modalita'   di
comunicazione  ai  candidati  e  agli  offerenti,  ai  requisiti   di
qualificazione degli operatori economici,  ai  termini  di  ricezione
delle domande di partecipazione alla  concessione  e  delle  offerte,
alle modalita' di esecuzione». 
    L'A.N.A.C., con la deliberazione n. 1300 del  14  dicembre  2016,
adottata in risposta ad un  quesito,  ha  espresso  l'avviso  che  la
gestione di impianti sportivi con rilevanza economica,  qualificabili
quale «concessione di servizi» ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera
vv), del Codice, deve essere affidata nel rispetto  delle  previsioni
di cui all'art. 164 e seguenti del Codice  stesso,  con  applicazione
delle parti I e II del Codice stesso (per quanto compatibili). 
    L'art. 164, al comma 1, fa salve  dall'applicazione  della  parte
III del Codice le disposizioni di cui all'art. 346 del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea. Ulteriore deroga e'  prevista  nel
secondo periodo del comma 1, il quale cosi' dispone: «In  ogni  caso,
le  disposizioni  della  presente   Parte   non   si   applicano   ai
provvedimenti,  comunque  denominati,  con  cui  le   amministrazioni
aggiudicatrici, a richiesta di un operatore  economico,  autorizzano,
stabilendone  le  modalita'   e   le   condizioni,   l'esercizio   di
un'attivita' economica che puo' svolgersi anche  mediante  l'utilizzo
di impianti o altri beni immobili  pubblici».  Il  rilascio  di  tali
provvedimenti non deve quindi sottostare all'obbligo della  procedura
ad evidenza pubblica. 
    Si tratta di una deroga di non facile interpretazione, che sembra
escludere l'applicabilita' delle regole della gara pubblica a tutti i
provvedimenti   concessori   (o   autorizzatori),   adottati    dalle
amministrazioni - su  richiesta  di  un  operatore  economico  -  per
legittimare l'esercizio di un'attivita'  economica,  stabilendone  le
modalita' e le condizioni  di  esercizio,  all'occorrenza  prevedendo
l'utilizzo di impianti o beni pubblici. 
    La Provincia, con i citati articoli 44, comma 3, e 45 della legge
provinciale n.  10  del  2018,  inquadra  l'impugnato  rinnovo  della
concessione per l'impianto a fune «Gletschersee II» nel sopra  citato
art. 164, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del
2016 e s.m., cosi' qualificando il provvedimento impugnato  non  come
concessione di un servizio economico di  interesse  generale,  bensi'
come atto autorizzatorio, che non deve sottostare alle  regole  della
gara pubblica; in ogni caso non a quelle previste dal  nuovo  Codice,
nella Parte III. 
    Il Collegio e' dell'avviso che  il  suddetto  inquadramento  (con
effetto retroattivo anche alla fattispecie in esame), non corrisponda
alla natura dell'attivita' gestita, come qualificata  e  disciplinata
dalla stessa legge provinciale n. 1 del  2006.  Invero,  detta  legge
afferma di disciplinare «gli impianti a fune in servizio  pubblico  e
privato» e, nella versione antecedente alle modifiche introdotte  con
la legge provinciale n. 10 del 2018, specifica(va) all'art. 3,  comma
1, che «tutte le linee funiviarie sono impianti in servizio pubblico,
escluse  quelle  utilizzate  gratuitamente  ed   esclusivamente   dal
proprietario/dalla proprietaria, dai suoi congiunti, dal personale di
servizio, da ospiti occasionali e da persone  addette  all'assistenza
medica, alla sicurezza pubblica, alla manutenzione ed altro e  quelle
adibite    al    trasporto    di    materiale»,    lasciando    cosi'
inequivocabilmente intendere che tutte e tre le  categorie  di  linee
funiviarie indicate nel successivo art. 4 della legge provinciale  n.
1 del 2006 rientrino nel piu' ampio genus  dei  servizi  pubblici  di
interesse generale. In particolare, nel caso di specie,  oggetto  del
provvedimento e' la concessione di un servizio economico di interesse
generale, il  cui  affidamento  non  puo'  che  avvenire  secondo  la
procedura concorsuale ad evidenza pubblica. 
    Ulteriori elementi, contenuti nella legge provinciale  n.  1  del
2006 (nel testo anteriore alla novella), depongono per la  natura  di
«servizio»  dell'oggetto  della  concessione,  come  ad  esempio   la
disciplina della decadenza (art. 11, commi 1  e  2)  e  quella  della
revoca (art. 13, comma 1), applicabile a tutte le categorie di  linee
indistintamente prima della novella del 2018. 
    In particolare, l'art. 15 della stessa legge prevede(va) -  anche
in questo caso senza fare distinzioni tra  le  diverse  tipologie  di
linee funiviarie - che l'assessore provinciale competente in  materia
di mobilita' approvasse «le tariffe massime per le corse singole,  le
modalita' di esercizio...e, se del caso, gli orari».  L'art.  26  (la
disposizione non e' stata modificata), al comma 1, chiarisce che  «il
servizio deve essere effettuato secondo le prescrizioni di  esercizio
approvate dall'ufficio provinciale competente in materia di trasporti
funiviari  e  secondo  le  modalita'  stabilite  con  regolamento  di
esecuzione». 
    Ma vi e' di  piu':  come  previsto  dall'art.  4,  comma  1,  del
regolamento di esecuzione alla citata  legge  provinciale  (approvato
con D.P.G.P. n. 61 del 2006), tutti i  concessionari  sono  tenuti  a
osservare «le norme disciplinanti la  costruzione  e  l'esercizio  di
impianti a fune in servizio pubblico e le prescrizioni stabilite  nel
disciplinare  tipo  approvato  dal   direttore   della   Ripartizione
provinciale Mobilita'». 
    Nella concessione impugnata, al punto 3) della parte dispositiva,
si legge infatti che «il concessionario  si  impegna  di  (recte:  a)
osservare, oltre alle  disposizioni  di  legge  e  regolamentari  che
disciplinano la costruzione e  l'esercizio  di  impianti  a  fune  in
servizio   pubblico,   tutte   le    prescrizioni    riportate    nel
disciplinare-tipo  approvato  dal  direttore  di  Ripartizione  della
Mobilita' con decreto n. 425/38.3. dd. 9 ottobre  2012  e  pubblicato
sul Bollettino Ufficiale della Regione n.  46/I-II  del  13  novembre
2012». Detto disciplinare, all'art.  4  («Modalita'  di  esercizio»),
prevede  regole  molto  dettagliate  concernenti   «l'esercizio   del
servizio pubblico di trasporto» (comma 2), anche in questo caso senza
distinguere  tra  categorie  di  linee  funiviarie.   Particolarmente
significativa e'  la  regola  dettata  nell'art.  8,  che  impone  al
concessionario di «organizzare il servizio di trasporto in  modo  che
sia garantito in favore dell'utenza l'uso  delle  lingue  italiana  e
tedesca, nel rispetto  delle  disposizioni  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 15 luglio  1988,  n.  574,  e  successive
modifiche». A tal riguardo va ricordato che le  norme  di  attuazione
dello Statuto di autonomia in materia di uso della lingua  tedesca  e
ladina nei rapporti dei cittadini con  la  pubblica  amministrazione,
approvate con  il  sopra  richiamato  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, ha  esteso  «ai  concessionari  di
servizi di pubblico» interesse l'obbligo di  organizzare  l'attivita'
in modo da garantire  l'uso  delle  due  lingue  italiana  e  tedesca
stabilite nello stesso decreto (cfr. art. 2). 
    Tutti gli elementi e gli obblighi di esercizio  sopra  descritti,
lungi  dal  caratterizzare  un  semplice  titolo   abilitativo   allo
svolgimento di un'attivita' economica privata (nel caso di specie non
vi e' neppure traccia della richiesta del titolo  abilitativo/rinnovo
da  parte  dell'operatore  economico),  sono  invece   tipici   delle
concessioni di servizi di interesse generale, che,  se  di  rilevanza
economica, come nel caso di specie, devono sottostare alle  procedure
ad evidenza pubblica,  volte  a  selezionare  il  migliore  operatore
economico sul mercato cui affidare la gestione del servizio in base a
criteri  oggettivi,  trasparenti  e  non  discriminatori,  garantendo
condizioni di parita' d'accesso all'attivita' economica  oggetto  del
servizio. 
    Il Collegio dubita quindi della conformita'  degli  articoli  44,
comma 3, e 45 della legge provinciale n. 10 del  2018  all'art.  117,
comma 2, lettera e), della Costituzione, che riserva alla  competenza
legislativa esclusiva dello  Stato  la  materia  della  tutela  della
concorrenza, nonche' all'art. 117, comma 1,  della  Costituzione,  in
relazione agli articoli 3, 30 e 41 della direttiva  2014/23/UE,  agli
articoli 49, 56 e 106 Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
e agli articoli 30 e 164, comma 2, del decreto legislativo 18  aprile
2016, n. 50 e s.m.. 
    Invero,  con  le  sopra  citate  disposizioni,   il   legislatore
provinciale sottrae alle regole dell'evidenza pubblica  l'affidamento
della gestione di un servizio economico di interesse generale,  quale
deve qualificarsi quello concernente l'impianto di risalita in esame,
determinando  una  disparita'  di  trattamento  tra   gli   operatori
economici  in  violazione  del  principio   di   concorrenza   e   di
liberalizzazione del mercato, di  cui  il  principio  di  parita'  di
trattamento, al pari di quelli di non discriminazione  e  trasparenza
devono considerarsi attuazione e corollario (cfr. gli articoli 3,  30
e 41 della direttiva 2014/23/UE e, sul piano nazionale, gli  articoli
30 e 164, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016). 
    E'  noto  che  la  tutela  della  concorrenza  e'   una   materia
trasversale, che «s'intreccia inestricabilmente con una pluralita' di
altri  interessi,  alcuni  dei  quali  rientranti  nella   sfera   di
competenza concorrente o residuale  delle  regioni  -  connessi  allo
sviluppo economico-produttivo del Paese» (cfr.  Corte  costituzionale
n. 272 del 24 luglio 2004), determinando una situazione di  intreccio
di competenze. 
    L'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione ha  conferito
allo Stato, in via esclusiva, «il compito di regolare la  concorrenza
al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il  territorio
nazionale.  L'uniformita'  rappresenta  un  valore  in  se'   perche'
differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli
di regolazione, produttivi di barriere territoriali. La tutela  della
concorrenza non puo' essere fatta per zone: essa,  "per  sua  natura,
non puo' tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per
limitare, o addirittura neutralizzare, gli  effetti  delle  norme  di
garanzia" (sentenza n. 443 del 2007)» (cfr. Corte costituzionale,  n.
283 del 6 novembre 2009). 
    Lo stesso giudice  costituzionale  ha  chiarito  la  portata  del
principio della liberalizzazione delle  attivita'  economiche,  quale
corollario del principio di promozione della concorrenza,  precisando
che il primo puo' trovare limitazione solo nella tutela di  interessi
di rango costituzionale o in contrasto con  l'utilita'  sociale,  che
non si ravvisano nel caso di specie (cfr. Corte costituzionale, n. 46
del 20 marzo 2013 e n. 65 del 12 aprile 2013). 
    Il  decreto  legislativo  n.  50  del  2016,  con  il  quale   il
legislatore statale ha dato attuazione  delle  direttive  2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE, esercitando la propria competenza  esclusiva
nella materia della tutela della concorrenza (art. 2,  comma  1),  ha
imposto alle regioni a statuto speciale e alle Province  autonome  di
Trento e di Bolzano di adeguare la propria  legislazione  secondo  le
disposizioni contenute  negli  statuti  e  nelle  relative  norme  di
attuazione (art. 2, comma 3). 
    Per tutte le ragioni esposte, in  conclusione  il  giudizio  deve
essere sospeso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge  11
marzo  1953,  n.  87,  fino  alla   definizione   dell'incidente   di
costituzionalita', con notifica della presente  ordinanza,  ai  sensi
del quarto comma del medesimo art. 23, alle  parti  costituite  e  al
presidente della Provincia  autonoma  di  Bolzano,  e  comunicata  al
presidente del consiglio della Provincia autonoma di Bolzano.